Giovedì 13 Dicembre, ore 16.30
Chiesa di S. Jacopo in Corbolini
Via Faenza 43
FIRENZE
INDAGARE IL PASSATO
Una “conversazione” tra l’Archeologo, il Detective e lo Psichiatra
L’incontro, organizzato dal CAMNES nell’ambito delle iniziative di Archeologia Pubblica ed Educazione Permanente, prende spunto da una mostra itinerante (1999-2001: Berna, Monaco, Vienna, Londra) dedicata ad “Agatha Christie and Archaeology”. Nel catalogo della mostra sono pubblicati due contributi: “The Detective and the Archaeology” di B. Patzek, R. Hauses e A. Dudde e “The Archaeology of Murder” di V. Neuhaus nei quali viene tratteggiata la figura del detective in relazione a quella dell’archeologo e dello psicanalista.
Il filosofo E. Bloch è stato uno dei primi a definire la distintiva struttura formale e le tecniche narrative della Detective Story, che racconta la storia della soluzione di un crimine, risolvendo un mistero, ricostruendo un puzzle. Nella sua definizione, pur sottendendola, non cita mai l’etimologia della parola “detective” (Lat. Detergere, scoprire), ma spesso utilizza concetti del tipo: “per svelare un crimine il detective ricerca gli indizi e le tracce sul terreno”; “la scoperta deriva da qualcosa di insolito ed inaspettato”; “scavando con l’occhio alla ricostruzione”. E ricorre anche al significativo parallelo con la psicoanalisi di Freud.
E' nota, a questo proposito, l'insistenza e la passione con la quale Freud accosta la pratica della psicoanalisi alla pratica archeologica. Psicoanalisi e archeologia sono infatti "scienze delle tracce" (Spürenwissenchaften), scienze che a partire da frammenti, residui, resti, e tracce puntano a ricostruire l'insieme perduto,che si è variamente stratificato e accumulato nel corso degli anni. Ma la psicoanalisi, come ricorda Freud, gode di un "privilegio straordinario" rispetto all'archeologia, perché se l'archeologia è condannata dall'irreversibilità del tempo cronologico, a non poter più ritrovare l'insieme perduto ma solo frammenti dispersi (l'archeologia si basa in fondo sul presupposto tragico che l'originario come tale sia perduto), la psicoanalisi suppone invece che l'inconscio del soggetto sia una memoria dalla capacità di ricezione e di conservazione illimitata; per cui mentre per l’archeologia la ricostruzione coincide con la meta e il termine di tutti gli sforzi, per l’analisi la costruzione è soltanto un lavoro preliminare.
Tutte e tre queste discipline indagano le cause stabilendo una sequenza di eventi avvenuti nel passato in un processo di interpretazione di fatti “sepolti”, che opera una selezione nel tentativo di ricercare il nucleo essenziale. Ci sono dunque affinità evidenti tra la figura dell’archeologo, che procede a ritroso indagando sul passato fino alla spiegazione possibile di un contesto, quella del detective che opera sulla scena del crimine per ricostruire un omicidio, e quella dello psichiatra che “scavando” a ritroso nella “storia” di un paziente ricerca lapossibile origine psichica delle patologie mentali. Metodologicamente queste discipline cercano di portare alla luce qualcosa di sepolto, che è esistito in passato: un tempio crollato, un trauma infantile, una serie di omicidi.
A partire da queste considerazioni generali l’obiettivo che si pone l’incontro è quello di presentare la figura dell’archeologo non più come il cercatore di tesori, ma come un professionista - alla stregua di un detective o di uno psichiatra - che attraverso un metodo empirico tenta di ricostruire il passato in “maniera scientifica”.
Partecipanti:
Prof. Arnaldo Ballerini – PSICHIATRA
Marco Vichi – SCRITTORE
Dr. Simone Sacco – ARCHEOLOGO
Dr. Stefano Valentini – ARCHEOLOGO
Moderatore:
Lorenzo Degl’Innocenti
- Video con intervista e presentazione dell'evento 'Indagare il passato'